Prati Fioriti su Anamorphosi
Nel 2024 ho partecipato come volontaria al Radice Pura Garden Festival, un’esperienza che avevo fortemente desiderato. In realtà, all’inizio avrei voluto proporre un progetto mio, ma non rientravo nei criteri del bando. Così ho deciso comunque di esserci, di mettermi in ascolto, di imparare da vicino cosa vuol dire costruire un giardino in quel contesto.
Durante i lavori di allestimento, il mio sguardo si è posato più volte sull’installazione Unamorphosi, una grande struttura geometrica composta da otto vasche inclinate che insieme formano un ottagono. Era lì, vuota, sospesa tra forma e possibilità. Ed è lì che ho pensato di proporre qualcosa di mio.
L’idea era semplice, forse un po’ folle per i tempi stretti: seminare le vasche con un prato fiorito spontaneo, ispirato al lavoro di Nigel Dunnett a Londra (Superbloom). Mi piaceva l’idea di contrastare la rigidità architettonica della struttura con un gesto lieve, naturale, effimero. Di portare dentro quella cornice una nuvola di fiori, movimento e stagionalità.
Non avevo mai fatto una semina così, e i tempi erano davvero stretti: abbiamo seminato solo cinque giorni prima dell’apertura del festival. Ho selezionato tre miscugli preconfezionati e, non sapendo con certezza quale sarebbe stato il risultato, ho deciso di aumentare parecchio la densità, fino a 9 grammi per metro quadro, invece dei 9 grammi per 4 m² indicati. Una scelta istintiva, forse un po’ avventata, ma sincera. L’irrigazione è stata un’altra sfida: le vasche hanno una pendenza fino al 30%, e trovare una soluzione che funzionasse è stato complesso. Alla fine abbiamo optato per un impianto a goccia.
Quando sono tornata dopo quaranta giorni, il prato aveva fatto le sue scelte.
Il grano saraceno ha deciso che era il suo momento — ed è diventato il protagonista assoluto, alto, morbido, ovunque.
Le altre specie? Sono in scena, ma nei ruoli secondari… per ora.
È andata diversamente da come l’avevo immaginato, ma non per questo meno bene.
È il bello di seminare: non tutto si controlla. E qualcosa ti sorprende sempre.
Adesso torno ogni settimana a osservarlo. Registro cosa cambia, cosa fiorisce, cosa manca.
Questo piccolo esperimento — nato da un’intuizione in un momento sospeso — si sta trasformando in un vero laboratorio vivente, dove la natura mi insegna a restare aperta, paziente, curiosa.
E io ascolto.









