Data: Aprile - Maggio 2025
Attività svolta: ideazione e progettazione
Un’Anamorfosi Naturale
Ideazione e progettazione
Nel 2025 ho partecipato come volontaria al Radicepura Garden Festival, un’esperienza che avevo fortemente desiderato. In realtà, all’inizio avrei voluto proporre un progetto mio, ma non rientravo nei criteri del bando. Così ho deciso comunque di esserci. Volevo imparare, capire da vicino cosa significa costruire un giardino dentro un contesto così complesso e stimolante.
Durante i lavori di allestimento, il mio sguardo è stato più volte catturato da una grande installazione al centro dell’area espositiva: Anamorfosi, un’opera dell’artista francese François Abelanet. Era composta da trentatré vasche inclinate, disposte in modo da formare un ottagono visibile solo da un punto preciso, sollevato rispetto al terreno. Vista da lì, la forma appariva regolare, simmetrica. Ma avvicinandosi, tutto si deformava: i rombi in basso erano piccolissimi (2 m²), quelli in alto molto più grandi (fino a 15 m²). Un’illusione ottica basata sull’anamorfosi: una tecnica che consente a un’immagine distorta di ricomporsi solo se osservata da un punto specifico — nel nostro caso, da una pedana rialzata a circa tre metri.
Questa installazione è presente da anni al festival: è il suo simbolo ed è proprio là che ho voluto intervenire, portando dentro quella forma fissa un elemento vivo, effimero, spontaneo.
Una riflessione su Ordine e Chaos
Il tema della biennale 2025 era Ordine e Chaos. Anche se l’installazione Anamorfosi non nasce con questo intento, è stato inevitabile per me interrogarla attraverso quel filtro.
Nel mio lavoro, l’ordine è quello che cerco quando seleziono semi, disegno uno schema, scelgo un momento preciso per seminare. Ma nel momento in cui quei semi toccano il suolo, inizia un altro tipo di ordine: quello della natura, che decide cosa germoglia, quando, come fiorisce. Un processo che agli occhi dell’essere umano può sembrare caotico, perché sfugge alla previsione. Ma per la natura, quello è semplicemente il suo modo di funzionare.
Questa tensione tra controllo e imprevedibilità, tra intenzione e spontaneità, è ciò che mi ha guidata. Quello che per noi è disordine, spesso è solo un ordine più profondo che non sappiamo ancora leggere.
La scelta delle specie
Il mio riferimento iniziale è stato chiaro: un prato fiorito spontaneo, ispirato al lavoro di Nigel Dunnett che ho avuto modo di conoscere un anno prima a Londra (Superbloom). Ho scelto tre miscugli preconfezionati, cercando un equilibrio tra piante annuali dai fiori vivaci e perenni con una struttura più solida e duratura. Volevo creare un paesaggio leggero, mosso, con fioriture scalari, contrasti visivi, un ritmo variabile e vibrante.
Mi interessava la varietà nei colori – dal bianco al giallo, passando per il rosa, il blu e tocchi di rosso intenso – e nelle forme: la delicatezza di un fiordaliso accanto alla presenza imponente di una zinnia. In tutto, oltre 40 specie, selezionate per offrire biodiversità, impatto visivo e adattabilità stagionale.
Dall’idea al modello
Per rendere concreta la mia proposta, ho deciso di modellare in 3D l’intera installazione. Non avevo a disposizione una planimetria dettagliata, così ho iniziato a prendere tutte le misure personalmente, vasca per vasca.
Lo facevo ogni mattina all’alba, prima dell’inizio delle attività quotidiane, per non sottrarre tempo al lavoro di gruppo e alle altre installazioni. È stato un lavoro lungo e meticoloso: ogni vasca aveva dimensioni, inclinazioni e orientamenti diversi. Ricostruirlo nel software è stato come decifrare un enigma geometrico.
Una piccola vittoria personale
Quando la mia proposta è stata accettata, ho provato una gioia piena, assoluta. Non avevamo ancora seminato ma avevo ricevuto fiducia, ed era già un traguardo. In uno spazio così visibile, così simbolico, avevo ottenuto la possibilità di raccontare una visione. Mia.
Alla fine, non ho partecipato come progettista selezionata tramite bando, ma sono riuscita a creare un progetto mio, in uno degli spazi più complessi e potenti del festival. È stata una piccola vittoria, una conferma esterna di essere sul percorso giusto. E dopo un grande cambiamento di vita e di lavoro, era proprio quello che avevo bisogno.






