Giardino realizzato all’interno del Festival Radice Pura

Data: Aprile 2025

Attività svolta: realizzazione, coordinamento.

QUANDO LA FORMA INCONTRA LA VITA

Questo è stato il secondo giardino a cui ho partecipato nella realizzazione del Festival del Giardino Mediterraneo. All’inizio, confesso, nutrivo qualche dubbio. Le forme rigide, rettangolari, la struttura architettonica ben definita mi trasmettevano una sensazione di chiusura. Mi sembrava un giardino senza respiro, quasi una gabbia. Ma ero anche curiosa: volevo vedere come sarebbe cambiata la mia percezione man mano che il progetto prendeva forma.

Il giardino è stato ideato da due fratelli architetti di Granada, Fernando e Marta, con cui ho avuto fin da subito un bellissimo rapporto di lavoro: allegri, aperti, generosi.

Il mio ruolo era quello di supportare i progettisti insieme alla squadra di cantiere. Siamo partiti dal tracciamento, poi abbiamo segnato con calce la posizione dei grandi vasi di terracotta. In quei punti abbiamo scavato le buche per realizzare le fondazioni, dentro cui inserire i profilati metallici circolari che avrebbero sostenuto la struttura verticale dei vasi capovolti, fino a raggiungere la copertura. Era un lavoro di grande precisione: una volta fissati i profilati nel calcestruzzo, non si poteva più correggere nulla. Per verificare l’allineamento, ci mettevamo in linea con la fila dei pali: se si vedeva solo quello davanti, era un successo!

Dopo alcuni giorni di montaggio, le colonne erano pronte. A quel punto abbiamo iniziato a lavorare al tetto, con travi in legno sul perimetro. Il punto critico era trovare una soluzione tecnica stabile che potesse sostenere altri due livelli di vasi sospesi. Non è stato semplice: tra proposte degli artigiani, modelli in SketchUp, confronti in cantiere… alla fine abbiamo optato per due tavole sovrapposte. Una soluzione efficace, solida, condivisa.

Nel frattempo è arrivata anche la fase più leggera e creativa: la pittura dei vasi. Ognuno è stato dipinto a mano, seguendo i pattern proposti dai progettisti. Un momento collettivo, divertente, che ha portato energia e gioia nel gruppo.

Eppure, fino a quel punto, ancora non sentivo che stessimo costruendo un vero paesaggio. Era una struttura affascinante, sì, ma rigida, distante. Non la percepivo “viva”.

Poi è arrivato il verde.

Abbiamo messo a dimora i Citrus reticulata (clementine) carichi di frutti, leggermente decentrati rispetto al progetto iniziale, per creare un nuovo ingresso e liberare lo sguardo verso un maestoso carrubo solitario (Ceratonia siliqua) a cinquanta metri di distanza. Un focus non previsto, ma sorprendente. Una ricompensa.

All’ingresso, due Citrus limon accoglievano con i loro limoni gialli e brillanti. E poi una sequenza di arbusti mediterranei: mirto, Salvia Muirii, Pittosporum tenuifolium, Myoporum parvifolium, Viburnum ‘Coppertop’… Le aromatiche nei vasi dipinti — mentuccia, lavanda, asparagina — hanno aggiunto profumo e personalità. Sul tetto, gerani alternati a piante sottili e vaporose, quasi “capelli”, danzavano al vento. Ed è lì, proprio alla fine, quando il cantiere si è fermato per un attimo, che ho sentito davvero il giardino.

Mi sono seduta sulla panca, circondata dai colori, dai profumi, dal movimento leggero delle foglie e dal suono degli uccelli. L’ombra disegnata dalla rete sul tetto creava un ritmo visivo rilassante. Sentivo il corpo sciogliersi. Non volevo più andarmene. Lì ho capito: il verde dà anima. Puoi progettare una struttura perfetta, ma è la vita vegetale — viva, imperfetta, profumata, in movimento — a dare profondità, emozione, accoglienza.

In quel momento ho sentito tutta la forza della Biofilia: il nostro legame antico con il vivente. Per milioni di anni siamo stati immersi nella natura, e anche se da un secolo ne siamo lontani, il corpo si ricorda. E quando la ritrova, non vuole più andarsene.

 

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